Il SI e il NO: la sinistra sinistrata
di Vincenzo Sparagna - 24-10-2016
Il termine politico "sinistra" è casuale. Dipende dal fatto che nell'Assemblea Nazionale francese, dopo la rivoluzione del 1789, i più radicali occuparono i banchi alla sinistra dell'emiciclo, mentre monarchici e moderati si accomodarono a destra. Sinistra e destra rappresentavano allora visioni opposte. Ma di quella differenza nell'Italia politica di oggi rimane ben poco. Destra e sinistra infatti accettano entrambe come unico possibile orizzonte il mercato e le sue regole. Solo che mentre la destra lo esalta, la sinistra si propone talvolta di mitigarne gli effetti più catastrofici, ma senza contestarne il predominio. Certo sopravvivono, a sinistra della sinistra, piccoli gruppi che dicono ancora di voler rovesciare il capitalismo, ma, non sapendo come farlo, restano prigionieri di una sterile nostalgia per il comunismo novecentesco, fallito sia nella cupa versione statalista che nella effimera figura consiliare. La convergenza e mescolanza degli opposti fronti destra/sinistra è particolarmente chiara nella vicenda della riforma costituzionale. Chi sostiene le ragioni del SI (un opportunistico aggregato di ex destre ed ex sinistre) vuole solo rendere più rapide le procedure per legiferare, vista la crescente velocità dei mercati e le necessità della competizione internazionale. Chi fa campagna per il NO (un minestrone di destrissimi, sinistrissimi e grilli parlanti) dice di battersi in difesa della Costituzione, ma è interessato solo a far cadere il governo per rimescolare le carte del potere in vista di non si sa cosa. Il paradosso, che tutti tacciono, è che da almeno un quarto di secolo la Costituzione viene tradita e violata senza scrupoli dagli uni e dagli altri. La democrazia costituzionale ideata dai De Gasperi, Togliatti e Calamandrei si basava infatti su un Parlamento proporzionale che, rappresentando il popolo, era il luogo dove trovare l'intesa per governare. La postdemocrazia che è stata predicata e praticata dai vari Berlusconi, D'Alema, Amato ecc. ha capovolto questo schema sostituendolo con l'idea antidemocratica di un governo non espresso dal Parlamento, ma solo da chi "vince" le elezioni. Da questa concezione totalitaria nacque nel 1993, dopo uno sciagurato referendum promosso da Mario Segni, il famoso Mattarellum, un sistema maggioritario con i parlamentari "nominati" uno per uno, collegio per collegio, e liste bloccate per la piccola quota proporzionale alla Camera. In seguito, nel 2006, venne sostituito, per iniziativa di Forza Italia che temeva una pesante sconfitta nei singoli collegi, dal vituperato Porcellum, un sistema apparentemente proporzionale, ma con le solite liste bloccate e un assurdo "premio di maggioranza" a chi prendeva un voto in più. Le due leggi tendevano entrambe a ridurre il principio di rappresentanza popolare del Parlamento per aumentare la cosiddetta governabilità. Ma nello sfascio morale della italiana guerra per bande nemmeno questo risultato è stato raggiunto. Infatti dalla sostanziale governabilità della prima repubblica, garantita dal compromesso parlamentare, si è passati, nella sedicente seconda repubblica, a una governabilità precaria che sopravvive solo grazie ai più sfacciati trasformismi. Ora, rispetto a questa costituzione materiale antidemocratica, il SI all'attuale riforma non cambia nulla, salvo accentuare coerentemente con lo schema suddetto il peso dell'esecutivo, poiché supera il bicameralismo paritario, riduce il ruolo del senato e cancella alcune competenze regionali. Ancora meno cambia il NO, visto che, in nome di una falsa fedeltà alla Costituzione, lascia semplicemente le cose come stanno, affidando a un Parlamento di nominati (quello attuale, grillini inclusi) il compito di ri/nominarsi un'altra volta per sgovernare come sempre. Comunque andrà il prossimo referendum resteremo dunque prigionieri della ormai consolidata postdemocrazia, sudditi di un ceto politico corrotto e arrogante, ipnotizzati dallo spettacolo di una politica fatta di slogan vuoti, che nascondono la triste lotta tra emersi ed emergenti, potenti e pre/potenti.
Vignetta di Ugo Delucchi pubblicata su IL NUOVO MALE n.23 (aprile 2015).
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