Nostalgia di Robespierre
di Vincenzo Sparagna - 15-12-2014
Vedendo quello che succede a Roma e in Italia mi viene una grande nostalgia di Robespierre, detto l'Incorruttibile (1754-1798). Fu, come si sa, uno dei capi, forse il più grande, della rivoluzione francese, ma di lui molti ricordano solo l'immagine del sanguinario tagliateste mentre il tratto fondamentale della sua azione rivoluzionaria fu l'integrità morale. Lo rivela lo stesso soprannome di Incorruttibile che gli venne attribuito. Come il suo compagno Saint Just fu infatti un politico che mise davvero al primo posto gli interessi del popolo. Qualità da sempre rarissima, ma che nello sfascio di valori che stiamo vivendo è oggi addirittura dileggiata come una stupidità da idealisti. La sua non era del resto una onestà circoscritta solo al rispetto della legge, era anche coerenza ideale, fedeltà alle idee che predicava: uguaglianza, libertà, fraternità. L'esatto contrario dell'opportunismo tanto in voga tra i mille omuncoli che oggi inquinano di imbrogli e trasformismi istituzioni, giornali e TV. Robespierre disprezzava questa gentaglia e quando riusciva a farli arrestare li mandava alla ghigliottina. Una pratica che non usa più... e questo è un passo avanti. Invece è un pauroso passo indietro l'attuale impunità per i corrotti, spesso addirittura premiati con cariche prestigiose e stipendi da capogiro. Perché anche quando, dopo anni di ruberie, i malviventi in colletto bianco vengono beccati... praticamente non succede nulla. Al più patteggiano una pena nominale e si ritirano per qualche mese nelle loro ville a godersi il bottino dei loro traffici. I casi recenti sono clamorosi. Da quello simbolico del signor Berlusconi, che "sconta" i suoi quattro anni per frode fiscale con la ridicola "pena" di qualche ora settimanale in una residenza per anziani, a tutti i criminali dell'Expo, del Mose di Venezia e via rubando, ognuno, come il boss Galan, felicemente a casa, magari dopo aver restituito qualche spicciolo allo Stato. Lo stesso probabilmente accadrà anche ai disgustosi banditi del gruppo fascio-mafioso-cooperativo romano, dei quali una piccola parte è stata arrestata in attesa della prossima scarcerazione, altri sono stati solo denunciati "a piede libero", altri ancora sono diventati ospiti fissi di programmi televisivi nei quali, da attori consumati, rivendicano la loro estraneità ai fatti. Succede così che i corrotti effettivamente in carcere in Italia sono cento volte di meno di quelli in carcere in Germania, anche se da noi la corruzione è cento volte più diffusa. Per tutti gli indagati, ci ripetono ogni minuto, vale la presunzione di innocenza, cosa in sé giusta, ma che maschera nel concreto l'immunità totale. I processi durano infatti anni, le prescrizioni arrivano presto e quando poi si giunge miracolosamente a una sentenza definitiva in Cassazione, li si manda... a casa. Ora da sempre Frigidaire si è detta contraria al carcere, come istituzione totale che disumanizza e crea delinquenza. Ma, una cosa è praticare forme meno barbare di pena, altra lasciare che i delinquenti in doppiopetto si possano godere tranquilli il frutto delle loro malefatte. Tanto più che nelle brutte galere italiane, oltre a pochi mostri omicidi e alla manovalanza mafiosa, finiscono quasi esclusivamente poveracci, extracomunitari disperati e senza avvocati, ladri di mele e piccoli spacciatori, essi stessi quasi sempre consumatori di droghe (che, lo diciamo da una vita, andrebbero banalmente legalizzate e controllate, se non altro per bloccare la diffusione di veleni superflui e stroncare il flusso di miliardi che finisce ai grandi narcotrafficanti).
Ecco perché parlo di nostalgia di Robespierre. La sua giustizia era certo crudele e fin troppo sbrigativa, ma oggi siamo all'eccesso opposto. La presunta giustizia attuale è troppo lenta e troppo benevola, specie con la corruzione, un cancro che divora non solo i nostri soldi, ma l'intera società.
Vignetta di Cecigian, pubblicata su IL NUOVO MALE n.17 (gennaio 2014).
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